Gli stambecchi, l’alba e la grandine

Forni si allontana
Siamo esseri strani dai, ammettiamolo, ogni tanto ci piace fare delle attività che sembrano al limite della nostra resistenza fisica. Come camminare ore e ore in montagna portandosi dietro lo zaino con tanto di macchina fotografica, cavalletto cibo, vestiti e sacco a pelo. Ma per cosa lo facciamo? Per sfidare noi stessi? Per un senso di autolesionismo nei confronti delle nostre gambe? NO! Lo facciamo per scoprire e riscoprire luoghi unici, che la loro scomoda posizione gli permette di mantenere una bellezza quasi incontaminata. Per farci cullare dai momenti di silenzio, interrotti solo dal vento o dai versi dei animali. Per lasciarci dietro anche per solo due giorni la frenesia della civiltà fatta di messaggi, social cosi e similari.
Stambecco in lontananza
Questo e un po’ il senso di quello che mi è rimasto da questo fine settimana. Un fine settimana che prevedeva si una escursione lunga ma non troppo impegnativa … in teoria.
Partiamo da un luogo già visitato con l’idea di usarlo come punto di partenza per visitarne altri di nuovi. Quindi facendo base a Forni di Sopra, ci incamminiamo per il rifugio Flaiban Pacherini, sentiero percorso praticamente un’anno fa e raccontato qui. Pian piano lasciamo che il paese si allontani dietro di noi e con lui anche i rumori della civiltà, mentre le ultime fioriture estive ci accompagnano per la strada. Al rifugio ne approfittiamo per assaggiare il favoloso e dissetante sambuco di Claudio. Un vero toccasana.

Luci della sera
Ripartiamo verso il passo di Suola per vedere le ultime luci del giorno e magari di vedere qualche stambecco. E uno in effetti lo vediamo in lontananza che ci guarda dall’alto della cresta. Ma è ora di tornare al rifugio per la squisita cena e due chiacchiere tra di noi e il gestore. Dove ci informa di cosa abbiamo rischiato nella visita l’anno scorso. Ossia due ore dopo la nostra discesa una frana a coperto parte della strada che abbiamo percorso a Forni. Ma siamo ancora qui a raccontarcela. Ora  notte, domani ci aspetta una lunga giornata.
Luci dell’alba
Dopo una notte rumorosa dove ho pensato più volte “ma comprare i tappi per le orecchie no?” ci alziamo ancora con il buio e a ci prepariamo. Colazione veloce con una gentilissima Silvia che si è alzata di buon’ora per farci il caffè e si parte per il passo di suola. Mentre saliamo vediamo in lontananza un camoscio che scappa lontano dopo averci visto. Ma ci sono anche due stambecchi. O meglio, veniamo avvistati dai stambecchi che incuriositi dalla nostra presenza ci vengono vicini a pochissimi metri. E si mettono in posta per farsi fotografare. Senza ritegno.
Stambecco
Stambecco che ci raggiunge
Camosci
Continuiamo la salita ed arriviamo al passo, e vediamo la cresta che dobbiamo percorrere. Ma per nostra sfortuna la pioggia ci ha raggiunti e un po’ sorpresi. Riflettiamo un po’ poi la guida prende la decisione. Si torna al rifugio. Giusto in tempo per avvistare 2 camosci verso passo del mus.
Ma nel frattempo apriti cielo, l’azzurro torna a regnare sopra le nostre teste. Sono le 9 di mattina e non ci sembra il caso di buttare la giornata tornandocene a casa. La guida ci propone di andare al Giaf. Strabuzzo un po’ gli occhi, forse è un po’ troppo per noi, ci sono comunque due passi impegnativi da fare. Decidaimo cosi di andare al campuros e da li scendere la a Forni.
L’azzurro dopo la tempesta – verso forcella inferno

E allora via per la forcella inferno, un nome un programma. La salita è ripida e lunga, ma arrivati ai 2150 metri di altezza ci si apre davanti a nostri occhi i bellissimi panorami della val d’inferno e della val bricca. e tutto un tratto la nostra stanchezza si trasforma in appagamento.

Vista dalla forcella inferno

E’ tempo di una breve e meritata merenda, mentre uno stambecco viene a farci compagnia. E si riparte per il prossimo passo, passo dove davanti a noi compare il campuros. Una stupenda prateria d’alta quota, che anche quest’anno non riesco a vedere nel massimo delle sue fioriture.

Il campuros

Giusto il tempo di scendere che ricomincia a piovere. Ma questa volta c’è un ricovero con un tetto che ci da riparo mentre smette di piovere.

E’ tempo di affrontare la dura discesa per il Lavinal, e il tempo decide di inferire ancora su di noi con ben tre grandinate e anche acqua, acqua che ha pero il vantaggio di cementare un po’ i sassi del greto rendendoli meno scivolosi e infimi. Ormai siamo tutti alla frutta, recuperiamo le auto grazie ad un passaggio, beviamo l’ultima cosa assieme e ci salutiamo. Ci rincontreremo sicuramente alle prossime camminate, sperando nel bel tempo stavolta.
Senza dubbio il percorso alternativo è stato molto più tosto dell’originale. Ma ne è veramente valsa la pena. I nostri occhi, le nostre sensazioni ringraziano per la bellezza a cui hanno assistito.


Ringraziamenti
– A Franco Polo per averci guidato in questo fine settimana.
– A tutti i compagni conosciuti in questa bellissima avventura.
– A Daniela per avermi accompagnato in questa bella esperienza.

2 commenti su “Gli stambecchi, l’alba e la grandine”

  1. io le chiamo Meraviglie… le montagne, le sue creature e quegli strani bipedi che si inerpicano per scoprirle e lasciarsi ogni volta… meravigliare. grazie Vanni per il tuo bellissimo resoconto a immagini e parole.
    Martina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *